Vediamo chi può richiedere l’applicazione del credito di imposta per attività prestate all’estero cercando di fornire chiarimenti e risposte alle vostre domande approfondendo l’ambito soggettivo di applicazione della norma.
Sintesi
In estrema sintesi e senza pretesa di esaustività il credito di imposta per i redditi esteri potrà essere utilizzato da tutti i soggetti passivi d’imposta IRPEF e IRES residenti in Italia, ovvero soggetti ad imposizione illimitata nel territorio dello Stato.
Solo in questo caso, infatti, lo strumento del credito d’imposta può assolvere la sua funzione di eliminare/attenuare la doppia imposizione giuridica internazionale.
Quali sono i soggetti Irpef
Persone fisiche, società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice, associazioni e simili.
Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta:
a) sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente;
b) hanno nel territorio dello Stato il domicilio;
c) la residenza ai sensi del codice civile.
Si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori diversi da quelli individuati da un apposito decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze (c.d. “black list”, tra cui sono inclusi ad es. il Principato di Monaco, la Svizzera, Singapore, Panama, gli Emirati Arabi Uniti).
Per l’approfondimento e i chiarimenti sul concetto “residenza fiscale” di un soggetto persona fisica ricordo l’articolo dedicato proprio all’individuazione della residenza fiscale per le persone fisiche.
Quali sono i soggetti Ires
Società ed enti commerciali come SRL o S.p.A. o SRLs o a socio unico, enti non commerciali, trust e simili.
Tali soggetti dovranno essere considerati fiscalmente residenti in Italia il che si traduce (salvo eccezioni) nel rispetto delle seguenti condizioni, per la maggior parte del periodo d’imposta:
a) presenza della sede legale;
b) della sede dell’amministrazione; o
c) dell’oggetto principale nel territorio dello Stato.
L’oggetto esclusivo o principale dell’ente residente è determinato in base alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale si intende l’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto.
Inoltre, in mancanza dell’atto costitutivo o dello statuto, e per gli enti non residenti, l’oggetto principale è determinato in base all’attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato.
Per ulteriori approfondimenti, abbiamo scritto una guida all’apertura della residenza fiscale all’estero delle società che sarà pubblicata a giorni sul sito.
Ulteriori considerazioni
In teoria quindi dovete assimilare il principio generale secondo cui se mantenete la residenza in Italia qui pagherete le imposte per i redditi ovunque prodotti e percepiti anche all’estero stante l’applicazione del credito per le imposte pagate a titolo definitivo all’estero e dovrete poi immagino comunque dichiarare il reddito nel paese dove l’avete percepito.
Tuttavia se siete considerati anche residente fiscalmente nello Stato estero si potrebbe invocare il principio previsto dalla convenzione contro le doppie imposizioni in vigore tra i due Stati, secondo il quale, in caso di doppia residenza, quella prevalente va individuata sulla base di alcuni indicatori, tra cui la dimora abituale, l’utilizzo di un immobile o, da ultimo, la cittadinanza. In particolare, al riguardo, si segnalano:
a) l’abitazione permanente: il luogo in cui l’individuo ha in proprietà o possiede un’abitazione permanente;
b) il centro degli interessi vitali: il luogo in cui le relazioni personali ed economiche dell’individuo sono più strette (relazioni familiari, attività politiche, culturali, ecc.).
Se dalla verifica dovesse prevalere la residenza nello Stato estero, il contribuente potrebbe, dunque, legittimamente escludere da tassazione in Italia i redditi (o taluni di essi) percepiti all’estero, come ordinariamente previsto per i soggetti residenti all’estero.
Sul punto, tuttavia, si rammenta di nuovo come il legislatore italiano ha considerato in ogni caso residenti, salvo prova contraria, i cittadini cancellati dall’anagrafe delle persone residenti ed emigrati negli Stati individuati nella “black list”.
Piò pertanto verificarsi il caso del cittadino italiano che – essendo emigrato in un Paese “black list” – sia considerato residente sia in Italia (per effetto della citata norma antielusiva) sia nello Stato estero di emigrazione (per effetto della norma interna di tale Stato). Poiché gli Stati inclusi nella “black list” non hanno, salvo eccezioni, stipulato convenzioni contro le doppie imposizioni con l’Italia, in tali circostanze non sarà possibile evitare la tassazione in Italia dei redditi conseguiti da tali contribuenti anche all’estero.
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