Vediamo come definire i principiali strumenti per capire come ridurre la pressione fiscale o il tax rate attraverso una pianificazione fiscale che ci metta al riparo anche da accertamenti fiscali, cercando come al solito di fornire strumenti utili, chiarimenti alle vostre domande e, in questa sede, anche di sfatare qualche mito.
Ai fini di una lecita pianificazione fiscale internazionale da parte di soggetti residenti in relazione ad attività da svolgere o da investimenti da effettuare all’estero, certamente innumerevoli sono gli elementi da prendere in considerazione e da valutare sia in termini di costi di implementazione sia di vantaggi che da queste strutture ne potrebbero derivare.
Sicuramente si deve procedere all’analisi della legislazione finanziaria e tributaria locale, alla valutazione del c.d. “rischio Paese”, alla scelta dell’attività economica che si vuole intraprendere, nonché alla sua organizzazione formale e sostanziale, come pure alla verifica che siano in vigore accordi e trattati tra l’Italia e il Paese interessato (si pensi alle doppie imposizioni, imposte di successione, protezione degli investimenti, ecc.).
Sarà necessario pertanto capire prima di tutte perché volete definire una struttura estera (i.e. perché avete una fabbrica azienda di servizi e producete componentistica, oppure siete nel settore dei servizi o delle .com, oppure semplicemente avete una holding di partecipazioni azionarie).
Una volta capito questo sarà necessario verificare quale paese consente una pressione fiscale minore o anche più semplicemente agevola questo o quel settore o anche cerca di attrarre investimenti esteri nel proprio paese per aumentare la domanda di lavoro o competenze. Considerate che il paradigma delle discipline fiscali oggi viene declinato non più solo a livello di singoli stati e di accordi bilaterali sullo scambio di informazioni ma anche da organismi internazionali, primo tra tutti, l’OCSE, ma come potete vedere anche l’Unione europea, il G20, l’ONU, o anche la Banca Mondiale).
Per fare questo inutile dirvi che sono necessarie competenze e conoscenze del diritto tributario che non trovate nel classico commercialista che si occupa della vostra dichiarazione dei redditi ma sono necessarie expertise e caratteristiche che in Italia poche persone hanno rispetto al numero di avvocati e dottori commercialisti presenti. E’ necessario avere anche una rete di relazioni con il paese nel quale si intenderebbe trasferire la propria residenza o il proprio centro produttivo o di interessi per cui sconsiglio di avventuravi in pianificazioni fai da te. Quando ero un giovane neolaureato sentivo alcuni amici dire che si erano aperti una società a Londra con 50 euro on line…ecco, non lo fate datemi retta se non volete trovarvi a dover ridare al fisco italiano tutti quello che avete guadagnato.
La pianificazione fiscale internazionale
La pianificazione fiscale internazionale non è un istituto giuridico bensì è la progettazione di un complesso coordinato di comportamenti tesi a creare rapporti e situazioni giuridiche finalizzate alla ottimizzazione del carico fiscale, alla riduzione delle imposte per quanto possibile.
In linea di principio, una persona (fisica o giuridica) può liberamente decidere di trasferire all’estero la propria residenza, anche laddove tale scelta discenda da ragioni esclusivamente di natura fiscale. Nessuna preclusione può, infatti, essere di ostacolo alla scelta di un contribuente di stabilirsi in un Paese la cui giurisdizione tributaria prevede un regime impositivo connotato da una tassazione sui redditi particolarmente favorevole o addirittura assente (c.d. “legittimo risparmio d’imposta”).
Il contribuente però, che per sottrarsi a un sistema tributario ritenuto oneroso, simuli artificiosamente il trasferimento di residenza verso un Paese estero connotato da un sistema fiscale più mite, pone in essere indubbiamente una vera e propria evasione fiscale.
A tal proposito abbiamo avuto modo di concentraci su quel sottile confine (anche se sottile proprio non è) tra evasione ed elusione fiscale, dove in poche parole nel primo caso potresti finire male mentre nel secondo il profilo sanzionatorio si attenua enormemente.
Trasferiamo la residenza all’estero per pagare meno imposte o tasse
Questa generalmente è la prima idea che viene in mente ai non esperti del settore e non dico che non vi sia un fondo di verità ma non è così semplice. Va da sé, dunque, che laddove il soggetto mantenga gli elementi costitutivi della residenza fiscale nello Stato di partenza, dichiarandosi formalmente residente in un altro Stato, ancorché ancora “effettivamente” residente nel primo Stato, il trasferimento di residenza in queste circostanze riveste una natura tipicamente evasiva.
A tal proposito quindi vi invitiamo leggere l’articolo relativo alla definizione di residenza fiscale delle persone fisiche
Diversamente, ove il contribuente, sulla base dei criteri interni, dovesse risultare residente sia nello Stato estero che in Italia, e la convenzione contro le doppie imposizioni esistente con tale Stato estero dovesse far prevalere la residenza nello Stato estero su quella italiana, egli avrebbe legittimamente non dichiarato in Italia i redditi prodotti all’estero.
La pianificazione fiscale come parte della pianificazione gestionale aziendale
Una buona pianificazione aziendale deve tenere conto anche della ottimizzazione dell’onere derivante dall’adempimento degli obblighi tributari; onere che deve essere inteso non soltanto come quello derivante dal pagamento del tributo, ma anche come quello derivante dagli adempimenti strumentali al pagamento stesso e dagli oneri di natura finanziaria connessi all’eventuale discostarsi del momento dell’effettivo pagamento o del rimborso dell’imposta pagata e non dovuto, rispetto a quello in cui l’adempimento avrebbe dovuto essere eseguito.
Così come potrebbe essere conveniente la penetrazione di un mercato a profitto nullo o negativo, se parte di un piano che assicuri l’equilibrio economico della gestione, nell’ambito della pianificazione fiscale internazionale potrebbe essere accettabile il fatto di pagare di più in un certo ordinamento, allorquando la somma degli oneri tributari, sostenuti nei diversi ordinamenti interessati, si rilevi complessivamente inferiore (c.d. “arbitraggio fiscale”).
I limiti costituiti dalle norme antielusive
L’attività di pianificazione fiscale internazionale è condizionata da un lato dalle norme antielusive contenute negli ordinamenti interni e dall’altro dalle norme antielusive contenute nei trattati stipulati dall’Italia.
In linea generale, a tal fine, i comportamenti dei contribuenti dovrebbero essere considerati elusivi soltanto quando il soggetto operi artificiosamente per mettersi nelle condizioni previste dalle norme, senza alto scopo non quello di diminuire l’onere fiscale (concetto ben diverso dal “risparmio d’imposta” e dalla “evasione fiscale”).
Profili di responsabilità
Inutile dire sia ai potenziali interessati ma soprattutto ai potenziali professionisti che di tali pianificazioni si occupano per lavoro che i rischi connessi ed i profili di responsabilità legati a tali operazioni sono rilevanti per cui vi invito anche a leggere l’articolo dedicato alla responsabilità del dottore commercialista e consulente anche alla luce di alcune delle recenti sentenze sull’argomento. Preliminarmente posso anticipare che, quanto più intendiate ridefinire la struttura di un gruppo in funzione del solo risparmio di imposta, tanto più sarà alto il rischio ed il profilo di responsabilità connesso sia in capo all’imprenditore sia in capo al professionista. Questo perché da una parte il professionista sarebbe chiamato a onorare un mandato che ha ad oggetto un risparmio di imposta e non solo la definizione di un gruppo per cui va da sé che un successivo accertamento con ripresa tassazione delle somme indebitamente risparmiate rappresenterebbe una clausola di inadempimento contrattuale con possibilità di risarcimento in capo all’imprenditore (ed il commercialista dovrebbe azionare la propria polizza assicurativa), sia perché il fisco si attiverebbe logicamente prima in capo alla società e solo in sede di contenzioso accerterebbe eventualmente già in sede tributaria le colpe del professionista. In sintesi consigli ad entrambe le parti di andarci cauti e di prendere entrambi le dovute precauzioni.
Dal lato della società e quindi dell’imprenditore sarà necessario a mio modesto avviso verificare che il professionista a cui state chiedendo una consulenza su una pianificazione fiscale nazionale o internazionale abbia un track record di operazioni adeguato alla natura di quella che gli state chiedendo. Inutile dirvi poi che verifichiate che:
- Sia iscritto all’albo professionale dei dottori commercialisti;
- Sia in regola con i crediti tributari e non abbai procedimenti pendenti presso l’ordine di natura analoga;
- Abbia la copertura assicurativa;
- Preferibilmente abbia anche delle referenze da esperti di settore.
Dal lato del professionista posso consigliare di strutturare adeguatamente il disclaimer inserendo tutte le clausole del caso e gli corrugamenti in merito alla rischiosità dell’operazione e specificando che la finalità del mandato non è il risparmio di imposta ma la definizione di una struttura del Gruppo rispondente alle esigenze gestionali, organizzative e/o economiche espresse dal cliente.
Leggi anche: Responsabilità del Consulente – Commercialista – Fiscalista.
Approfondimenti e chiarimenti
Per eventuali domande ed approfondimenti o se proprio avete voglia di fare una sana pianificazione fiscale potete scrivere a studiotributi@gmail.com
A giorni pubblicheremo un articolo di approfondimento sul tema pianificazione fiscale nazionale ed internazionale, tornate a visitare Tasse-Fisco.com e, meglio ancora, seguite gli aggiornamenti anche della nostra pagina Facebook.
Rischio Sanzioni Penale con le Tasse: quali errori possono portare alla reclusione
:-)
Salve, sul nostro sito è riportata l’approssimativa pressione fiscale complessiva in Italia (tassazione sui profitti delle imprese, tassazione sul lavoro e altre tasse). Grazie per l’avviso.
I vostri complimenti mi lusingano. Andrò a visitare il vostro sito anche per future richieste di chiarimento da parte dei lettori che intenderanno proseguire nell’approfondimento di questa interessante tematica in slovenia, tuttavia leggo nel vostro sito che la tassazione in italia è del 64% il che mi sembra leggermente non veritiero. Spero non l’abbiate letto su questo sito :-)
Buongiorno,
Le vostre informazioni mi erano spesso utili dato che gestisco uno studio contabile per clienti italiani in Slovenia. Quindi mi tengo informato sulle leggi italiane per essere efficiente con i servizi ai clienti Italiani a non incorrere una volta risolta la posizione in Slovenia con situazioni anomale in Italia.
Sottolineo la sezione moduli e tabelle le quali le ho spesso scaricate ad uso professionale.
Leggendo l’articolo volevo chiarire anche la situazione dell’imprenditore stesso e della sua posizione a riguardo, elencando le differenze tra la residenza all’estero e la residenza fiscale all’estero onde evitare incompresione ed eventuali sanzioni legali.
In base alle normative attualmente in vigore, per essere considerati residenti all’estero dal punto di vista fiscale è necessario, avere un domicilio nel paese scelto; immobile in affitto, di proprietà, non essere iscritti all’anagrafe in Italia per oltre metà anno ovvero 183 gg. consecutivi, non essere domiciliati in Italia per almeno 183 giorni, essere iscritti all’Anagrafe Italiani Residenti all’Estero (AIRE) per almeno 183 giorni, richiedere il certificato di residenza fiscale all’ufficio entrate estero, avere la “sede dei propri affari e interessi” nello Stato estero prescelto, ovvero non ci saranno soltanto componenti di natura prettamente economica e patrimoniale a denunciare la presenza effettiva del soggetto in un dato luogo – come un contratto di lavoro – bensì anche elementi relativi alla sua sfera familiare, morale e sociale (residenza civile), quindi centro del proprio nucleo familiare e dei propri interessi.
Come è giustamente sottolineato nel vostro articolo bisogna prestare massima attenzione ai cosidetti »trasferimenti fittizi« delle residenze fiscali all’estero sono oggetto di attenta osservazione da parte dell’Agenzia delle Entrate che periodicamente controlla la permanenza effettiva del soggetto all’estero sia attraverso le verifiche svolte in Italia, sia attraverso lo scambio di informazioni e dati fiscali con lo Stato estero di riferimento.